mercoledì 27 ottobre 2010

La coda lunga dei motori di ricerca: impariamo a sfruttarla

Era il 2004 quando Chris Anderson, capo redattore della rivista Wired, esponeva la sua teoria sulla coda lunga per cercare di spiegare quel fenomeno chiamato Amazon.com. La teoria, in parole povere, dice che una piccola parte dei prodotti venduti da un'azienda rappresenta la maggior parte del fatturato dell'azienda stessa; il 20% dei prodotti genera l'80% del fatturato. Allo stesso modo però, essendo capaci di sfruttare la coda lunga del mercato, il restante 80% dei prodotti può generare una cifra di fatturato pari o superiore rispetto a quella generata dal 20% dei prodotti. Il sottotitolo del libro di Anderson spiega abbastanza bene il concetto: "La Coda Lunga: da un mercato di massa a una massa di mercati".
Allo stesso modo, questa teoria, può essere applicata ai motori di ricerca.

La coda lunga dei motori di ricerca

Come illustra lo schema, esiste un numero molto elevato di combinazioni di parole chiave che non vengono sfruttate dai siti, anche quelli che utilizzano alle migliori tecniche SEO per il posizionamento nei motori di ricerca.
Statisticamente il 60% delle ricerche effettuate su Google è composta da almeno 3 parole chiave. Ciò significa che praticamente tutti i siti, soprattutto gli e-commerce, non riescono soddisfare le richieste dell'utente e non compaiono nei primi posti dei SE (Search Engine). Inoltre va segnalato che la maggior parte dei motori di ricerca hanno già effettuato la svolta "social", nel senso che, proprio per dare all'utente informazioni il più possibile contestuali alla sua ricerca, privilegiano blog, forum e social network proponendoli come primi risultati. Già nel 2007 alcune aziende avevano provato ad acquisire il traffico derivante dalla coda lunga, ma i costi di creazione e soprattutto di aggiornamento troppo elevati.
Esiste oggi, per ora soltanto in Francia, un sistema chiamato Kryter, sviluppato da programmatori web, consulenti SEO e linguisti della Sorbona, che automatizza il processo di creazione delle pagine per sfruttare il traffico della coda lunga ed i risultati, da quello che mi risulta, sono eccezionali.

martedì 19 ottobre 2010

Web Marketing sportivo: quando lo sport ritorna popolare

Vale a dire: anche lo sport multimilionario si butta sul web e diventa social.
Sportivi su Twitter
Twitter sta rivoluzionando il rapporto tra gli appassionati, i tifosi e gli amanti dello sport e i loro beniamini o le loro squadre del cuore. In effetti il Social Network lanciato dal precedente CEO, Evan Williams, sta catalizzando le attenzioni degli sportivi più famosi, supportati abilmente da lungimiranti agenzie di comunicazione, per lanciare brevi messaggi ai propri "followers". La sensazione dei tifosi di questo campione o di quella squadra è di annullare la loro distanza grazie ai famosi 140 caratteri.
Senza voler disilludere nessuno, mi piace sottolineare che questo fenomeno è un'ottimo esempio ci ciò che si può fare con un social network a livello marketing.
Facendo un breve e semplice ragionamento i tifosi stanno allo sport, come i clienti all'azienda e di conseguenza uno dei primi obiettivi del marketing sportivo è FIDELIZZARE
Resta inteso che il miglior metodo di fidelizzazione dello sport sono i risultati, ma "abbassarsi" al livello dei tifosi, dare informazioni private, in tempo reale o aggiornamenti sulla situazione sportiva, o parlare di tutto un po' rappresenta la rottura di quella barriera che negli ultimi anni ha diviso i due attori in campo.
Un ottimo esempio è rappresentato dalle squderie di F1 che, in largo anticipo rispetto ai noiosi e stereotipati bollettini stampa, lanciano i tweet ai loro tifosi ed indirettamente a tutti i giornalisti. Questi personaggi hanno però un evidente vantaggio, cioè che praticamente qualsiasi cosa twittano viene trovata interessante dagli utenti. In definitiva Twitter è stato individuato dagli sportivi come un ottimo canale di comunicazione diretta, senza nessun intermediario, per messaggiare con i fans e fidelizzarli, preparandosi, magari, per affrontare un futuro più povero di successi sportivi.

sabato 16 ottobre 2010

Come guadagnare con facebook?

Una delle domande che spesso circola tra gli avventori del mondo del web marketing è "Come posso guadagnare con Facebook?" oppure "Quanto posso guadagnare in più aprendo il canale Facebook?" Personalmente ritengo che queste domande siano fondamentalmente poste male! Credo che la domanda più corretta posso essere: "COSA posso guadagnare su Facebook?". Le possibile risposte aprono scenari che si assolutamente variegati. Si possono certamente guadagnare soldi, ma bisogna essere dei finissimi conoscitori dello strumento, per far sì che un messaggio su Facebook si tramuti direttamente in una conversione di un acquisto sul proprio sito e-commerce e probabilmente l'investimento economico non sarebbe troppo distante da quello di una campagna PayPerClick sullo stesso Facebook. Ci sono in realtà degli aspetti più interessanti da approfondire. Oggi, ad esempio, tratterò della Brand Reputation. Certo è una forma pubblicitaria indiretta e di non immediata misurazione, ma se si pensa che grazie a Facebook potremmo raggiungere oltre 16 milioni di utenti, con un costo decisamente più basso rispetto a quello che può essere stimato per una campagna televisiva, è lampante che che siamo di fronte ad un utile strumento. Inoltre abbiamo la possibilità di segmentare molto semplicemente il target delle nostre comunicazioni decidendo su chi indirizzarle. E' chiaro che un'azienda che decide di lanciarsi su questo canale ha assolutamente bisogno di un professionista, interno o esterno che sia, per la fase progettuale della strategia e per la fase di monitoraggio quotidiano. L'importante, soprattutto in fasie progettuale è ben definire gli obiettivi della campagna. Da qui nasce il concetto che non ci si può chiedere Quanto o Come guadagnare con Facebook, ma COSA. Provo anche a lanciare una provocazione: e se Facebook fosse il canale migliore per testare, lanciare o consolidare un brand?. Io credo che la via da percorrere sia proprio questa. Gli utenti di Facebook, se stimolati in un modo  idoneo al canale, possono diffondere in modo virale il marchio e dare suggerimenti di miglioramenti sia in modo conscio che inconscio al Brand Manager di turno.